Quando esattamente cinquant'anni fa il cosmonauta Jurij Gagarin effettuò il primo volo spaziale umano avevo appena sei anni e non ero in grado di rendermi conto della rilevanza storica dell'avvenimento. Data la mia età l'accedere con il debito rispetto a sfere fin lì precluse faceva però parte del mio impegno quotidiano ed ero anche affascinato da storie fantastiche e di fantascienza, cosicché non deve stupire più di tanto se in un futuro non molto lontano avrei cominciato a provare un grande interesse per i voli spaziali effettivi e di fantasia.
Trovo intrigante che già presto fui irritato dal fatto che la corsa reale verso lo spazio si basasse su tecnologie prevalentemente militari e fosse alimentata da motivi di prestigio e predominio politico. Il progresso dell'umanità nel suo insieme non contava molto, anche se i protagonisti non si stancavano di affermare il contrario.
D'altronde, se non fosse stato così, difficilmente avrei avuto il privilegio di assistere a tutte quelle conquiste stupefacenti che per la mia visione della nostra condizione esistenziale sono di così grande importanza. Già Gagarin espresse con entusiasmo la sua sorpresa per la splendente bellezza della nostra Madre Terra, la fragile astronave con la quale già da sempre viaggiamo per gli enormi spazi vuoti del nostro universo.
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